Snowden svolge un grande ruolo, ma la gente è ancora interessata alla privacy?

di Francesco Fabiano – Il film di Oliver Stone è ben fatto, avvincente e di grande impatto. Anche se, a mio avviso, elude completamente una delle due questioni fondamentali che solleva. C’è infatti una prima questione che attiene al controllo democratico sul potere e su chi ci governa. È giusto fare ciò che fa Snowden? È corretto parteggiare per lui? E’utile ciò che ha fatto per la collettività, ovvero smascherare gli abusi e le sopraffazioni indebite e fuori dalla legalità del potere? La risposta non può che essere: Sì. In un certo senso Snowden svolge il ruolo che un tempo ricopriva la grande stampa democratica. Controllo, critica e denuncia dei comportamenti negativi e degli abusi delle autorità, civili e militari. Così funziona e si migliora una democrazia, ovvero solo

Grazie ad una costante, coraggiosa e disinteressata vigilanza e autocritica. La seconda, altrettanto epocale e molto più attuale, questione che il film di Stone solleva ma non risolve, è invece quella della privacy. Sino a che punto è lecito e opportuno tutelare la privacy individuale in una società globale interconnessa? Come, tecnicamente, si può fare? Chi decide che cosa attiene alla privacy e cosa invece riveste un interesse nazionale? Andando ancora più a fondo, perché alcune persone sentono così fondamentale, a livello personale, politico e sociale, la questione della privacy, mentre molte altre no? Nel film, il quesito viene sfiorato appena dalla fidanzata di Snowden in una scena. Ma questo, a mio avviso, è il tema più potente e profondo su cui l’intera vicenda di Snowden ci interroga. In una società dove l’esibizione esasperata di sé, del proprio privato, di ogni angolo e istante della nostra vita, è voluta, ricercata e desiderata, ha senso parlare di privacy? Chi ha voglia di lottare per la tutela della privacy e perché dovrebbe farlo? Se oggi esiste e ha senso solo ciò che si vede, perché dovremmo batterci per ciò che non si vede?

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